Liminal #1 - Emanuela Cocco
“Liminal” è il titolo di una serie di incontri brevi e senza fronzoli con autrici e autori, editor e case editrici che lavorano per espandere i confini della letteratura di genere e del pensiero critico e speculativo. Scopriremo insieme cosa li tiene svegli di notte (spoiler: non è solo il caffè) e cosa nutre le loro visioni da incubo, i loro sogni a occhi aperti, i vortici di complessità e i vacui abissi (spoiler: è anche il caffè).
Nel primo episodio incontriamo Emanuela Cocco, scrittrice letteraria e di genere (horror, thriller), editor e sceneggiatrice. Ha esordito nel 2018 per Wojtek con il suo “Tu che eri ogni ragazza”, arrivando a incontrare un nuovo pubblico con “Trofeo”, novella nera uscita nel 2023 per Zona 42.
C) Ciao Manu. Vorrei iniziare con una domanda semplice ma un po’ particolare, che vorrei possa diventare una sorta di rito preparatorio per tutte le future interviste. Presentati a chi ci legge non come autrice ma come persona. Chi sei nella vita quotidiana, cosa ti piace fare, quali sono le tue ossessioni e le tue paure?
E.C.) Ciao Claudio, una premessa è che da una parte penso che chi siamo è qualcosa che può essere detta meglio dalle persone che entrano in relazione con noi, perché noi abbiamo una visione falsata di noi stessi. Però ok mi riconosco in queste cose: ho un problema con l’idea della ripetizione, dell’essere intercambiabili. Vorrei essere unica, come tutti del resto, e in quel come tutti c’è la ragione della mia inquietudine. Poi sono una persona orgogliosa, ho perso qualche occasione di lavoro importante a causa del mio orgoglio e non me ne pento. Di conseguenza non sopporto gli atteggiamenti servili, o le manipolazioni, che poi uno dovrebbe anche stare attento e capire che a volte si vedono così bene che chi ci prova fa la figura del cretino. Per il resto: non ho il minimo senso dell’orientamento, e questo mi crea abbastanza casino, ma ormai mi ci sono abituata, lo accetto.
Nella quotidianità: mi piace nuotare e stare nel verde il più possibile, quando ho tempo mi metto a fare casini totali in cucina, dove cerco di preparare piatti sani a volte con risultati pessimi, a parte i pancake, sono ossessionata dal cinema, dalle teorie sul cinema, e ovviamente ho sempre un libro in mano, non faccio liste, non conto i libri che leggo, amo i classici e anche la poesia, e amo le storie nere, gialle, piene di tensione e questo dice una cosa di me abbastanza netta: mi piacciono le cose intense, sentire la vita come una cosa intensa, sentire che la mia esperienza di vita è intensa e non intercambiabile, quindi mi pongo sempre delle mete da raggiungere e allora divento molto tenace.
Poi c’è il tempo con Fabio e Ari che è armonioso, bello, pieno di gioia e che mi fa sentire fortunata. Per il resto sono anche pigra, disordinata, abbastanza tranquilla ma se finisco dentro una di quelle ridicole discussioni da social (che odio) posso diventare anche irascibile e scortese. La mia paura principale riguarda Ari: non voglio che soffra. Hai presente True Detective 2 quando il detective si rende conto che hanno bullizzato il figlio e va a casa del ragazzino che l’ha impaurito? Ecco, ho paura di reagire così. Le paure non sono mai campate in aria, quindi so di dovermi sempre ricordare il tipo di persona che voglio essere per tenere a guinzaglio quel tipo di reazioni, che però restano lì, in agguato.
C) Dopo varie pubblicazioni, tra le quali il romanzo “Tu che eri ogni ragazza” uscito per Wojtek nel 2018, sei riuscita a raggiungere un pubblico totalmente diverso con la tua novella “Trofeo”, uscita l’anno scorso per Zona 42. Come hai vissuto il salto verso il thriller/horror e quali sono i tuoi progetti per il futuro?
E.C.) Io sono sempre stata spinta verso il giallo, il thriller e l’horror, ma forse non avevo mai fatto il salto prima perché sono esigente con me stessa e avevo paura di non riuscire a creare qualcosa di davvero disturbante e oscuro come quello che mi piace leggere. Anche nel mio romanzo d’esordio ci sono delle zone oscure e violente anche se non ero entrata completamente nel genere. Ma quando Elena Giorgiana Mirabelli mi ha chiesto una storia per i Nodi (La collana che dirige per Zona 42) non ho avuto dubbi, ho sentito che era arrivato il momento di scrivere quello che mi sarebbe piaciuto leggere, quello che ora voglio leggere: qualcosa che sia intenso, oscuro, che vada in profondità, perché l’essere umano è oscuro e complesso, che usi uno stile accurato per far vivere questa complessità senza banalizzazioni o scorciatoie, con un po’ di coraggio e personalità. Deve esserci intensità, qualcosa di vivido, che provoca anche paura, spaesamento, dolore, ma che in un certo senso potrebbe anche commuovere.
La mia ambizione è sempre quella di travolgere il lettore e lasciarlo in preda a reazioni imprevedibili. Nel mio futuro ci sono un horror e un thriller, per ora non dico di più, per scaramanzia.
C) Sei nota e stimata non solo come autrice ma anche come editor. Qual è stato e com’è stato il tuo percorso nel settore editoriale?
E.C.) Fare l’editor mi piace molto, molto più di quando facevo la sceneggiatrice, perché è un lavoro che faccio in autonomia, senza un “capo” e con degli autori che mi accettano così come sono, per certi versi asociale (non sono il tipo di editor che vive in simbiosi con l’autore e lo chiama a tutte le ore) ma anche molto costante e rigorosa, nel senso che non lascio il testo finché io e l’autore non ne siamo del tutto soddisfatti.
Il mio percorso è bello lungo e lo riassumo al massimo: ho iniziato con la sceneggiatura del fumetto e mi sono diplomata alla Scuola Internazionale di Comics in sceneggiatura, poi sono passata alla drammaturgia, poi allo studio come editor presso un’agenzia editoriale, da lì all’università, dove ho studiato molto a fondo critica letteraria, ermeneutica cinematografica e drammaturgia e poi alla formazione in Rai come sceneggiatrice di Fiction, poi il lavoro come critica della serialità televisiva per l’Osservatorio delle fiction, per poi passare alla narrativa e poi alla fine ho deciso di fare a tempo piano quello che sapevo fare, così ho iniziato a insegnare scrittura creativa ed editing e a lavorare come editor freelance in tante occasioni diverse, per scuole, all’università, e anche ora con Scrivere di notte, la mia scuola di scrittura.
C) Questa è destinata a diventare una domanda di rito. Qual è la tua routine di scrittura? Che consigli daresti a chi comincia a fare questo tipo di percorso per impostarne una efficace?
E. C.) Molti anni fa, lavoravo nel privato sociale e facevo la pendolare, quindi arrivavo a casa molto tardi e la mia unica routine era riposare un’ora e poi scrivere e studiare di notte. La notte ragiono meglio e ancora oggi direi che quella è una mia costante. Ma non ho una routine fissa e devo dire che le idee migliori non mi vengono a tavolino ma magari quando sono sul balcone e sto stendendo qualcosa, o sto per addormentarmi, o mentre cammino e allora mollo tutto quello che sto facendo e mi appunto tutto. I miei consigli fissi sono questi:
1)Apri gli occhi, raccontare una storia non vuol dire mettere in fila una serie di fatti ma creare uno spazio fisico percepibile e percorribile dal lettore. Non importa dire che una cosa è accaduta se poi non riesci a farla accadere nel testo. Mai riassumere o spiegare. Si tratta di far esistere la storia.
2) Leggi molto, ma non per metterti a contare il numero di libri che hai letto, a chi cazzo credi che interessi? E quindi leggi, leggi molto, ma lentamente e in modo analitico. Ci sono libri che non si esauriscono con una sola lettura. Leggi lentamente e cerca di capire cosa provi mentre leggi, registra la tua reazione e poi leggi ancora per provare a capire come l’autore è riuscito a creare quell’effetto, come sono fatte quelle frasi, quelle descrizioni, quelle battute di dialogo.
3) Se il tuo stile è povero lo sarà anche il tuo pensiero e questo renderà la tua storia trascurabile. Se vuoi scrivere sul serio devi porti il problema del linguaggio e non si tratta di autocompiacimento dell’autore, come dice spesso chi non sa scrivere o leggere, ma di avere un corpo sano, vitale e seducente per la tua storia. Il corpo della storia va nutrito di parole anche inattese e questo presuppone una ricerca. Quindi leggi molta, tutta, la poesia del Novecento italiano. Questo farà crescere la tua capacità di dare vita al corpo della storia, un corpo che sedurrà te stesso ancora prima del lettore, un corpo di cui compiacersi, sì, che c’è di male nel farlo? Non scriviamo per lasciare indifferente il lettore e onestamente me ne sbatto di chi pretende da un autore l’essenzialità, sono scelte che riguardano chi scrive e solo chi scrive sa che tipo di autore vuole essere e non permetto a nessuno di essere il secondino della mia scrittura.
C) Quali sono le autrici e gli autori che ti hanno messo addosso la voglia di iniziare a scrivere e quali quelli che più ti hanno ispirato?
E.C.) Sono tanti, troppi, ne nomino alcuni senza spiegare il perché e alla rinfusa, tanti ne dimenticherò ma pazienza.
Eccoli: Rainer Werner Fassbinder, Alfred Hitchcock, Heinrich von Kleist, Elio Pagliarani, Thomas Mann, Derek Raymond, Giorgio Scerbanenco, Anton Čechov, Edgar Lee Masters, Guy de Maupassant, Émile Zola, Henry James, Edgar Allan Poe, Ruth Rendell, Dennis Lehane, Alberto Laiseca, Henrik Ibsen, Emily Dickinson, Sylvia Plath, Corrado Govoni, Andrea Zanzotto, David Lynch, David Cronenberg, Samuel Beckett, Katherine Mansfield, Goffredo Parise, Giacomo Leopardi, Mozart – Da Ponte, Georges Franju. Basta, ne restano fuori troppi, è impossibile.
C) Quali sono le tue influenze extra-letterarie (tra cinema, musica, videogiochi, giochi da tavola, sport e via dicendo)?
E.C.) Musica, qui si apre un mondo così vasto. Amo tutta l’opera comica, i tre gioielli di Mozart e Da Ponte, il Winterreise di Franz Schubert, il Death Metal (Tiamat, Amorphis e My Dying Bride sempre nel mio cuore insieme a tanti altri). Però ascolto anche tantissime canzoni pop anche le più stupide, e le amo. Poi ci sono i cantautori intramontabili come Guccini, Battisti, e questi lì do per scontati. E i King Crimson, Nick Cave, Neil Young, The Smiths, Arab Strap, Interpol, ma insomma non c’è giorno che non ascolti qualcosa di diverso. Giochi da tavola: nessuno, da piccola mi costruivo da sola il Cluedo, ma è una lacuna che voglio colmare; videogiochi uguale, non ci ho mai giocato. Sport: mi piace nuotare e camminare, finisce lì, sono una abbastanza pigra. Per il resto il cinema e le serie tv sono una presenza costante nella mia vita. “American Psycho” e “Drive” sono le storie che avrei voluto scrivere.
C) Quali strumenti analogici e digitali impieghi quando scrivi?
E.C.) Scrivo principalmente a penna. Uso anche pennarelli ed evidenziatori e faccio una prima stesura folle su grandi quadernoni a righe, Poi inizio a battere la nuova stesura. Non uso altro. A volte registro piccole parti sul telefono, sulle note o su un registratore. Uso anche una lavagna a pennarelli e lì faccio i miei schemi, ma la cosa principale è che per pensare e sapere bene cosa sto scrivendo devo prima scrivere a penna.
C) Ed eccoci all’ultima domanda, quella più scema. Hai mai cercato su Google “come sbarazzarsi di un cadavere” o roba simile?
E.C:) Ma certo! E quando collaboravo alla scrittura di serie tv cercavo anche: veleno che non lascia tracce; come fare un esplosivo in una stanza chiusa; come assaltare una banca. E ora sono sempre alla ricerca di armi, ferite, sopralluoghi sulla scena del crimine. E vivo attaccata a “Un giorno in pretura” e cose simili. Non si finisce mai di imparare.