È trascorso diverso tempo da quando ho mosso i primi passi in campo editoriale, passando dalle riviste alle prime antologie e, da queste ultime, ai saggi e alle prime opere di narrativa di genere. Eppure si è trattato di poco meno di sette anni. Sette anni che mi sono sembrati venti, lunghi e durissimi. Ciò nondimeno, si tratta ancora di poco meno di sette anni. Pochi, come ben sa chiunque abbia deciso di fare della scrittura la propria forma di vita. Nonostante questo, credo di aver dato tutto quello che potevo dare in questi sette anni, forse anche di più – considerando le abilità sviluppate anche in campi diversi da quelli della pura scrittura. E ritengo anche di aver, per certi versi, “forzato” il mio sviluppo, sottoponendomi in maniera quasi masochista a regimi di scrittura troppo intensi e troppo frettolosi. Anche questo, però (compreso l’aver pubblicato anche troppo), ha in qualche modo contribuito a formarmi non solo come autore ma anche come persona. Ragion per la quale mi sento di poter offrire una serie di consigli, che deviano da quelli che di solito si offre agli altri autori. Questo perché dovremmo essere tutti più concentrati a diventare autori – ma soprattutto persone – migliori, anziché famosi o ricchi (ambizioni che il mestiere di scrivere mette in riga già dopo poco tempo).
1- Non importa quanto tu sia bravo
Ben pochi editori saranno disposti a venire incontro al tuo romanzo esistenzialista, in particolar modo in un periodo in cui vanno per la maggiore le storie d’amore tra adolescenti. Perciò armati di santa pazienza e comincia a ragionare non come se il mercato editoriale fosse un blocco monolitico da aggredire, ma come se fosse un territorio da mappare. In tal senso, conoscere il proprio lavoro significa anche conoscere le case editrici alle quali proporre un saggio o un romanzo. Ciò comporta che “essere bravi” non significhi “essere bravi in assoluto”. Nessuno può essere bravo in assoluto, anche solo pensare una cosa del genere significa non avere la minima idea di quanto lavoro comporti imparare a fare una sola cosa. In compenso, però, si può contribuire in modo più o meno rilevante a un discorso filosofico o poetico, o confrontarsi con un certo segmento della narrativa contemporanea. Non consigliereste un romanzo esistenzialista a un bambino di otto anni – e se lo faceste sareste delle brutte persone.
2- Non importa quanto pubblichi ma cosa e con chi lo fai
Costruire con cura un percorso editoriale – tra alti e bassi, scelte deliberate e mezze-auto-imposizioni – significa costruire non solo un rapporto commerciale e personale con uno o più editori o editor, ma anche un diagramma di successione che ci consente di esplorare certi temi anziché altri o certi personaggi anziché altri. Avere un buon editore che permette di occuparci di ciò che ci piace (e di farlo come ci piace), che pubblicizza le nostre opere, che ci aiuta a migliorare senza porre vincoli e che non si dimentica di pagare, è il tassello fondamentale nel mestiere dello scrittore. Pubblicare molte cose (che siano tutte simili o tutte diverse) con molti editori non consente di produrre una tale situazione propizia. Inoltre, se osservati dall’esterno, ci fa sembrare come se non andassimo d’accordo con nessuno o se fossimo costantemente tormentati dal desiderio di essere sotto i riflettori. Il che, purtroppo, è vero. Senza contare che il nostro pubblico, non essendo noi né autori best seller né saggisti candidati ogni anno al Nobel, non riuscirebbe a stare dietro a tutti i nostri progetti.
3- Spesso, gli operatori del settore culturale non sono colti, anzi
Ciò è senza dubbio un male, perché è alla radice della terribile situazione nella quale versa l’orizzonte intellettuale contemporaneo. D’altra parte, però, incontrare personaggi inqualificabili nel mondo del pensiero critico, dell’arte e della poesia, ci aiuta a mantenerci con i piedi ben saldi a terra. Il settore editoriale è, prima di tutto, un settore che si occupa di produzione merceologica. I libri sono beni, prodotti, merci. Essere fino in fondo consapevoli che un libro deve essere prodotto e venduto, significa comprendere anche la dimensione artigianale della scrittura. Il riscontro del pubblico, che può essere anche molto doloroso, è più un effetto degli aspetti commerciali che di quelli letterari: questa, forse, è la verità più scomoda e stupida che evitiamo di dirci in faccia. Inoltre, sapere che non tutti sono più svegli e intelligenti di te non fa di certo male all’autostima.
4- Ogni esperienza può essere trasformata in un laboratorio
Saggi brevi e racconti sono utili a schiarirsi le idee e a sperimentare nuove strategie. Troppo spesso accade che le forme di scrittura breve siano degradate e sottovalutate, tanto dal pubblico quanto dagli addetti ai lavori. Ciò sebbene si tratti di modalità espressive e argomentative che includono tra esse un certo numero di capolavori, anche rivoluzionari. In effetti, si può pensare a un racconto come a una storiella o a un saggio breve come a un temino da portare a casa; è un modo come un altro di vedere le cose. In alternativa, si può guardare a queste forme di scrittura come a delle buone occasioni per provare qualcosa di nuovo. Qualcosa che può essere un’opera conchiusa e fine a se stessa, ma anche un tassello in quadro più ampio. La stesura di un racconto può essere un buon espediente per provare a usare un narratore o un punto di vista diverso, o per approcciarsi alla scrittura attraverso tecniche più profonde e spericolate; quella di un saggio nella messa alla prova di nuovi temi e nuove argomentazioni.
5- Possedere denaro è utile ma sopravvalutato
Passarsela bene è il prerequisito per un sacco di cose belle: sicurezza, stabilità e un po’ più di stabilità. Si ha, inoltre, un sacco di tempo per dedicarsi alle proprie passioni. Eppure, tutto questo tempo e tutta questa disponibilità economica non conducono necessariamente a un buon livello autoriale – e, se è per questo, neppure a una buona reputazione editoriale, né al rispetto e all’ammirazione da parte dei lettori. Gli investimenti in corsi e lezioni non valgono tanto quanto leggere e scrivere in modo analitico, critico e consapevole. Alcuni tra i migliori autori e le migliori autrici che conosco non hanno mai seguito un corso in vita loro, eppure si guadagnano da vivere scrivendo e vendendo libri. D’altro canto, conosco autori e autrici che hanno seguito un gran numero di corsi e lezioni, ma che non possiedono né il talento, né la dedizione né tanto meno la voglia di crescere. Imparare dagli altri è comodo e utile, ciò non significa che non si possa fare pur non avendo disponibilità economica. Il che ci porta dritti al prossimo punto.
6- Fare rete è importante
C’è solo una cosa più soddisfacente di essere dei buoni autori/autrici con un discreto successo, la cui vita non è stata devastata dai cattivi pensieri e dalle cattive abitudini: fare parte di una scena. La possibilità di confrontarsi e sostenersi a vicenda con altri autori e autrici è esattamente il tipo di rapporto maturo che dovresti coltivare. I corsi e le scuole di scrittura possono di certo fornire reti di relazioni e rapporti autentici e capaci di arricchire chi li sostiene, ma non c’è nulla di più interessante di incontrare sul campo persone che si sforzano – proprio come te – di fabbricare delle opere d’arte o delle riflessioni rilevanti (nonché per vederle riconosciute dal pubblico dei lettori). Incontrare le/gli altr* significa scoprire altre persone che hanno a cuore i nostri temi, le nostre riflessioni e le nostre preoccupazioni; che si interrogano su “come” fare le cose; che tentano di sviluppare nuove forme di scrittura, nuovi percorsi, nuovi stili e nuove teorie. Anche quando non è esattamente così, è bene tenere a mente che c’è sempre qualcuno che sa fare qualcosa meglio di te – o che potrebbe aver bisogno del tuo supporto per smettere di fare casini. Per di più, ne riceverai qualcosa anche dal punto di vista umano, oltre che da quello tecnico.
7- Il tempo e la coerenza sono i tuoi migliori alleati
Bisogna sempre stare attenti a non fare il passo più lungo della gamba e a non perdere credibilità. Non c’è alcuna ragione per andare di fretta. Sviluppare uno stile individuale, anziché conformarsi al “come vanno fatto le cose”, può richiedere anni. E non è detto che il tuo stile attuale (magari ancora un po’ acerbo o persino del tutto immaturo) non possa incontrare, prima o poi, un certo grado di riconoscimento da parte del pubblico o dei tuoi colleghi. Se comincerai a snaturare il tuo modo di scrivere, di trattare temi e argomenti, di concepire il pubblico e persino i tuoi stessi gusti, allora sarà tutto perduto. Si nota quando qualcuno fa qualcosa di controvoglia, la sciatteria entra a far parte a pieno diritto del DNA di un’opera. Affinché il tuo lavoro sia riconosciuto e apprezzato non sei costretto a diventare un divulgatore o un autore di best seller, né un grigio accademico o un algido alfiere dello stile. Questa è una verità scomoda, sulla quale è molto, molto difficile starsene seduti. Eppure gli esempi di chi ha provato a snaturare se stesso e ha fallito sono molti, in tutti i campi. C’è chi ha un vero talento per la divulgazione e per l’intrattenimento culturale, perciò lasciamo che siano queste persone a occuparsene.
8- Non devi per forza venderti
Non sei obbligato a curare il tuo profilo Instagram o Facebook o TikTok. Nessuno sta lì a fissarti ogni giorno e a ogni ora. La consapevolezza di chi sei veramente si irradia nel tuo pubblico di riferimento. Ciò significa che le persone si rivolgeranno a te non per vedere quanto sei bravo o quanto successo hai accumulato, ma per trovare nelle tue opere e nel tuo lavoro un punto di riferimento: un modo diverso di pensare a qualcosa o qualche ora di divertimento, una nuova strategia per affrontare i propri problemi o un’immersione poetica nel linguaggio. E se ti capiterà di bisticciare con qualcuno o di essere pubblicamente rinnegato da alcuni dei tuoi lettori, non sarà la fine del mondo: in quest’epoca frenetica siamo tutti più rapidi a emettere giudizi. Siamo qui per dare da mangiare agli affamati e dissetare gli assetati, non per accaparrarci tutto il pane e tutta l’acqua. L’autenticità premia. D’altra parte, però, non dovresti neppure svalutarti troppo. Saper presentare se stessi, le proprie opere e il proprio lavoro – e farlo attivamente – fa parte del mestiere. Chi condanna la presenza di autrici e autori sui social, o la loro partecipazione a trasmissioni, interviste e via dicendo, parla da una posizione di ignoranza o di privilegio.
9- Non devi per forza adattarti al mondo editoriale
Di fatto, anno dopo anno, potrebbe essere quest’ultimo a doversi adattare a te. In realtà, succede quasi sempre così in quei rari casi nei quali un autore o un’autrice proseguono in modo coerente nella loro carriera. Questo perché le porte d’accesso sono varie e variegate: si può iniziare da un romanzo o da una raccolta di racconti; da un testo accademico o da un libro divulgativo; da una prosa-poetica o da una storia di puro intrattenimento. Ciò che conta davvero è costruire il proprio percorso e far sì che le nostre scelte riflettano tale percorso. Incontrerai degli ostacoli e dei vincoli lungo il tuo percorso – le antologie, restando nell’esempio, sono uno dei prodotti editoriali più rischiosi e, di conseguenza, più rifiutati dalle case editrici – ma, prima o poi, finirai per ottenere il giusto riconoscimento. Se non vuoi scrivere un romanzo ma tutti quanti ti dicono che è l’unico modo per esordire sul mercato editoriale, beh, continua a fare quello che stai facendo. Il mondo non ha bisogno di altri ottimi scrittori di racconti che finiscono per scrivere un brutto romanzo.
10 - Sii consapevole delle tue mancanze e dei tuo margini di crescita, ma sappi anche festeggiare ed essere riconoscente
La verità è che il mercato è sovraffollato e quasi nessuno riesce a realizzare il proprio sogno – perché tante volte di questo si tratta. Perciò, se sei tra chi è riuscito a pubblicare qualcosa, anche con un piccolo editore, ti trovi davvero in una piccola percentuale di fortunati (se così si può definire un individuo che campa di stenti). Troppo spesso ci troviamo in preda a una smania di successo e riconoscimento, che ci fa considerare meno di zero ciò che abbiamo costruito e ottenuto. Ciò, purtroppo, fa un po’ parte dell’etica dello scrittore di professione (ne sono testimoni anche diari, scambi epistolari e frammenti a volte vecchi di centinaia, se non migliaia, di anni). Se qualcuno legge ciò che hai scritto e lo apprezza, fossero anche solo cinque persone, sii consapevole di star arricchendo in qualche modo la vita di quelle persone.
Appuntamenti
Mi trovate questo sabato 15 febbraio a Venezia. Scrivetemi qua o in privato per avere maggiori informazioni: ckulesko@gmail.com
Mercoledì 26 febbraio sarò a partire dalle ore 19:00 alla sala da tè del Forte Prenestino per presentare la mia novella post-lovecraftiana La palude (Moscabianca 2024).
Dal 22 al 23 febbraio mi potrete trovare a Roma, a Città dell’Altra Economia, per Oblivion - Fiera del libro, del fumetto e dell’irrazionale. Sarò lì praticamente sempre.
Ciao e a presto! :)
Consapevolezza e bontà. Grazie Claudio! Buona Venezia. Se puoi, ti consiglio l'osteria al squero e il bacareto da Lele.