“Tagli astratti” è un esperimento che fonde abstract horror, slasher e splatterpunk, ma anche una raccolta di racconti che si pone come obiettivo quello di arrivare, entro la fine dell’anno, a venti storie brevi incentrate sulla lore dei più spaventosi serial killer della storia. Ringrazio in anticipo chiunque vorrà seguire lo sviluppo di questo progetto abbonandosi a MUNDUS - newsletter metalogica.
Sono le sette di sera quando si imbatte in una fila di ciclisti che procede di fianco al guardrail. Indossano tutti e quattro la tipica muta dai colori sgargianti di chi pretende di fare sul serio, di quelle con indosso i nomi del team e degli sponsor. Li sorpassa con cura, senza fretta, scrutando attraverso lo specchietto retrovisore. Messi tutti assieme avranno duecento anni e rotti. Se davvero uno sponsor decidesse di puntare su di loro, finirebbe per fare una bella figura di merda, a meno di non essere uno studio medico specializzato in prostatite.
Si chiede se esista, da qualche parte, un cimitero nascosto in cui i vecchi ciclisti vanno a morire.
Il fuoristrada scivola lungo la carreggiata come una biglia su un piano inclinato. Rispetta i limiti di velocità allo stesso modo in cui suo padre rispettava la messa della domenica: una buona abitudine, che ti tiene lontano dai guai.
Allunga una mano per raggiungere il pacchetto di sigarette dal cratere che si apre al posto dell’autoradio, ne estrae una e se la accende. Il fumo riempie l’abitacolo, gli brucia le narici. Il tramonto è una linea di fuoco che arde all’orizzonte. Ai lati della strada alberi, alberi e ancora alberi. Il simulacro di un paesaggio preistorico che gli fa rizzare i peli sulle braccia per l’eccitazione.
Dallo specchietto lancia un’altra occhiata ai ciclisti che si fanno sempre più lontani, sempre più piccoli. Minuscoli mammiferi che lottano per sopravvivere in un mondo popolato da giganti da sette quintali che sfrecciano a centottanta chilometri orari.
Resiste all’impulso di fare inversione nel bel mezzo della carreggiata. Lascia che quell’energia spaventosa cresca dentro di lui e si accumuli nel petto, nelle braccia, nelle gambe. Una tensione che rischia quasi di spezzarlo da dentro.
La natura è un vortice che punisce e stritola tutto ciò che è lento, fragile, vulnerabile. Quando ci pensa ha sempre la stessa immagine in testa: un gatto randagio maciullato, appiattito come gomma da masticare essiccata al sole, gli intestini sparsi qua e là sull’asfalto rovente.
Continua a fumare e a guidare in silenzio, finché il sole non comincia a svanire dietro la cortina di alberi.